Francesco Intraguglielmo

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Sanzionare Israele per colpire l’Iran: Strategia alternativa dal 7 Ottobre ad oggi.

21 luglio 2024, c’è un nuovo stato canaglia nel mondo: Israele. Alleato dell’Occidente libero e democratico, è ora visto come esecutore di uno dei più terribili massacri a cui abbiamo assistito in tempi moderni.

La rovinosa, inutile e inumana strategia di Israele ha definitivamente compromesso ogni percezione positiva di questo stato nell’intero globo, trascinando nel fosso degli inumani complici del massacro anche il nostro paese.

Si poteva e doveva fare tutto diversamente, per la Palestina, per l’Occidente e per Israele stesso. Partendo dal 7 ottobre, questa sono gli errori fatti.

“All’indomani del terribile attacco di Hamas come si poteva reagire in maniera diversa?” “Un’operazione militare era necessaria” potreste dire e pensare, ma io vi dico di no.

Dopo aver riconquistato le esigue porzioni di territorio occupate dalle milizie di Hamas, Israele doveva fare una proposta al gruppo e al popolo palestinese: i vostri leader nella Striscia e gli ostaggi per una Cisgiordania libera, una riunificazione del fronte palestinese e il riconoscimento dello stato palestinese nei confini stabiliti dall’ONU. Non sarebbe stata accettata, direte? Molto probabilmente no, ma avrebbe mostrato al mondo la volontà di liberare gli ostaggi e di ottenere giustizia, non una cieca vendetta, cioè quello che purtroppo abbiamo visto.

Il potenziale rifiuto di Hamas avrebbe avuto effetti importanti nel mondo palestinese. È vero che frange radicali dell’opinione pubblica avrebbero visto il rifiuto giustificato dalla consegna degli architetti del massacro, ma in segmenti più consistenti avrebbe creato un’emorragia di consensi nei confronti dei leader nella Striscia e avrebbe offerto un’opportunità ai leader politici in Qatar per riaffermare il loro ruolo. Nel mondo arabo avrebbe riaffermato la validità e l’utilità degli accordi di Abramo. In Occidente avrebbe dimostrato la volontà israeliana di cambiare passo.

Così si sarebbe creato il consenso internazionale necessario per una coalizione internazionale militare volta a liberare gli ostaggi e la Striscia e a procedere alla creazione di uno stato palestinese veramente libero e autonomo. Sarebbe stata un’operazione militare decisamente più umana, anche con vittime civili, ma con espliciti obiettivi condivisibili da tutti. Insomma, un’operazione giusta, sostenibile, volta a logorare le capacità militari di Hamas per fargli accettare un accordo che avrebbe danneggiato tutti i fondamentalisti nel mondo che utilizzano l’occupazione israeliana come leva per fare proseliti. L’infowar sarebbe stata vinta da Israele e dall’Occidente e, ad obiettivo raggiunto, la strategia iraniana dei proxy (Finanziare e supportare gruppi terroristi in giro per il mondo) sarebbe stata gravemente compromessa.

Un sogno: “Ma Netanyahu non avrebbe mai potuto giustificare ciò al suo elettorato, è fantascienza”. E invece no, poteva farlo. Ovviamente, qualsiasi altro politico meno estremo e coinvolto avrebbe potuto fare con più facilità, ma era fattibile anche per lui. Poteva semplicemente dimostrare di essere migliore di Hamas, dire che non ha senso mischiarsi con i palestinesi e che i coloni lì non ci dovrebbero stare. Insomma, un dietrofront razzista e isolazionista, vendibile al suo elettorato, accompagnato da una strategia internazionale per prendere i moderati e vincere veramente la guerra contro Hamas sul piano delle idee.

Così non è purtroppo andata e ci troviamo oggi con Israele che ha sicuramente logorato le capacità militari di Hamas, ma che ha totalmente perso l’infowar, cadendo nella trappola iraniana per presunti interessi elettorali del governo criminale israeliano. Israele è uno stato canaglia e chiunque odi gli ebrei e l’Occidente usa il massacro per creare nuovi terroristi pronti a colpire ovunque, rafforzando sul medio e lungo termine organizzazioni come Hamas e mettendo a rischio la sicurezza israeliana.

In questo contesto, gli Stati Uniti hanno scelto quella che ho soprannominato la “strategia dell’inculata”: dire di non essere d’accordo con le azioni israeliane, fare leva sul fatto che chiaramente agli Stati Uniti questa situazione non conviene. Far passare l’idea che il governo israeliano stia inculando gli Stati Uniti e che loro, poverini, non ci possano fare nulla.

La strategia funziona in ampie fette dell’Occidente; lì gli Stati Uniti non perdono consensi perché visti come non complici e incapaci di agire. È scontato dire che non funziona nelle sacche estreme in Occidente e in Medio Oriente. Biden ha sottovalutato il disastro che il massacro israeliano crea nel mondo e non ha, insieme agli alleati, predisposto serie misure per limitare le azioni del governo israeliano. Qualche bomba in meno e qualche sanzione a un po’ di estremisti, niente di più è stato fatto.

Dovevano invece essere predisposte sanzioni al governo di Netanyahu il giorno in cui un carro armato è entrato nella zona di Rafah. Dopo la presentazione del piano a tre fasi e il rifiuto del primo ministro israeliano, avvenuto tra l’altro con toni e modi ironici e irrispettosi, andava invece predisposto un blocco temporaneo delle importazioni israeliane, condiviso dall’UE e dagli altri alleati. Sempre con tre obiettivi in mente: ostaggi a casa, Palestina libera e Israele vincitrice sul medio e lungo termine. Il mondo avrebbe visto l’Occidente che agiva guardando all’umanità e alla vera giustizia e le sanzioni avrebbero portato al raggiungimento degli obiettivi. Resta in me la speranza che non sia troppo tardi, che non si perda più tempo e che vengano prese serie misure per contenere Netanyahu e salvare la situazione. Per la Palestina, per Israele, per l’Occidente e per il mondo.